FELICITÀ IN ITALIA: FATTORI CONGIUNTURALI E STRUTTURALI

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FELICITÀ IN ITALIA: FATTORI CONGIUNTURALI E STRUTTURALI

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Felicità in Italia: Fattori congiunturali e strutturali

 

Felicità in Italia. Nell’articolo, il suo autore Leonardo Becchetti, all’uscita del rapporto ISTAT sulle Prospettive per l’Economia Italiana mette in luce come sia necessario per misurare il consenso e la soddisfazione dei cittadini affiancare ai tradizionali indicatori sintetici di crescita misure multidimensionali del benessere e della felicità intesa come appagamento di vita.

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Felicità in Italia

Le lezioni della Brexit, dell’elezione di Trump dovrebbero aver fatto capire ai politici, ai commentatori dei mezzi d’informazione e all’opinione pubblica che è necessario cambiare ‘occhiali’ per misurare il consenso e la soddisfazione dei cittadini affiancando ai tradizionali indicatori sintetici di crescita misure multidimensionali di benessere e di soddisfazione di vita (Ndr felicità). Per questo motivo i dati rilasciati ieri dall’Istat sulla soddisfazione di vita degli italiani sono di particolare interesse. Nel commentarli le agenzie di stampa hanno messo in luce il dato congiunturale senz’altro più rilevante, ovvero l’inversione di rotta sul livello di gratificazione di vita degli italiani che torna a crescere per la prima volta dopo il 2011. Con la quota degli italiani che si dichiarano abbastanza o molto soddisfatti che passa dal 35.1 per cento dello scorso anno al 41 per cento nell’anno in corso. Si tratta di un risultato sicuramente importante e da sottolineare.

Felicità e fattori congiunturali e strutturali

Scorrendo il documento dell’Istat si riscontrano altre evidenze congiunturali e strutturali altrettanto rilevanti su cui vale la pena riflettere.

La prima è che, nonostante l’aumento già sottolineato della quota di coloro che si dichiarano soddisfatti per le condizioni di vita, la crescita zerovirgola di questi ultimi due anni non si traduce in una quota significativa di persone che dichiarano un miglioramento della propria condizione economica. Al contrario, a fronte di una quota superiore alla metà degli intervistati che dichiara una situazione invariata (58,3 percento), sono di più quelli che dichiarano un peggioramento (34,8%) di quelli che registrano un miglioramento (6,4%). Si tratta di un’evidenza che deve farci riflettere e che indica come la debole crescita di questi ultimi anni, accompagnata da una distribuzione non equa dei limitati benefici generati, è assolutamente insufficiente a spostare il consenso della popolazione su questo punto e dunque a produrre sostanziosi dividendi di consenso per la classe politica al governo.

Felicità, relazioni familiari e il ruolo dell’istruzione

Tra i dati strutturali delle diverse componenti della soddisfazione uno degli elementi più interessanti è la tenuta della soddisfazione sulle relazioni familiari a livelli molto elevati (90 per cento come somma di coloro che si dichiarano molto soddisfatti e coloro che si dichiarano soddisfatti).

Questo dato indica che, nonostante il progressivo degrado relazionale che le notizie riportate ogni giorno dai quotidiani sembrano sottolineare, il paese ha comunque mantenuto da questo punto di vista dei buoni anticorpi. Un’altra interpretazione è che la famiglia è e resta un serbatoio fondamentale di soddisfazione di vita (ndr felicità) che non tradisce da questo punto di vista.

L’ultima indicazione molto significativa riguarda il ruolo dell’istruzione, cruciale sia come determinante di soddisfazione di vita che di fiducia interpersonale. La quota dei molto soddisfatti delle proprie condizioni di vita passa infatti dal 32.9 percento tra coloro che hanno la licenza elementare al 47.7 percento tra i laureati. Tra i primi solo l’11,6 percento dichiara che gran parte della gente è degna di fiducia contro il 32,5 percento dei laureati.

La fiducia interpersonale

In un mondo nel quale i nostri giovani devono competere con la robotizzazione ed il lavoro a basso costo l’istruzione avrà un ruolo sempre più importante per poter sviluppare competenze e abilità che consentiranno di raggiungere buoni livelli di soddisfazione di vita. Il dato sulla fiducia interpersonale ci dice però anche che una popolazione più istruita sarà anche maggiormente equipaggiata di capitale sociale e dunque più aperta e tollerante ed in grado di essere parte di quella tribù dell’1+1 fa 3 che è fondamentale per produrre superadditività e società che non percepiscono il diverso o lo straniero come una minaccia. In un’epoca in cui incombe la minaccia delle post-verità avere cittadini dotati di conoscenze e strumenti sufficienti per distinguere promesse irrealizzabili dalla realtà non è poco e diventa una garanzia essenziale per il corretto funzionamento della democrazia.

Articolo pubblicato su Avvenire il 23 Novembre 2016

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