CONSUMO E PRODUZIONE CULTURALE IN EUROPA
Tags : Consumi culturali Eurostat Industrie culturali e ricreative
Rilevazione Eurostat su consumo e produzione culturale in Europa
Consumo e produzione culturale. L'Eurostat, l'ufficio di statistica dell'Unione Europea, ha recentemente pubblicato la terza edizione del volume “Culture statistics”, che offre una panoramica dei principali aspetti socioeconomici connessi al settore culturale europeo. Oltre a presentare un aggiornamento dei dati relativi ai risultati economici e occupazionali raggiunti dal comparto delle industrie culturali e creative, la pubblicazione dell'Eurostat offre un approfondimento dei consumi culturali dei cittadini europei. Confrontando le statistiche dell'Eurostat con altri studi e ricerche, emerge l'importanza del capitale umano quale fattore in grado di influenzare in maniera determinante la domanda e il consumo di cultura.
Culture Statistics
Culture Statistics – Eurostat 2016
Per l'Italia, l'analisi dei dati indica il settore culturale come un possibile traino per il raggiungimento di diversi obiettivi, come la crescita economica e l'occupazione femminile o l'istruzione di qualità.
L'ufficio di analisi statistica della Unione Europea (Eurostat) nelle ultime rilevazioni (2014) riguardanti le pratiche di produzione e di consumo di Cultura nei Paesi membri evidenzia come per l'Italia, l'analisi dei dati indica il settore culturale come un comparto potenzialmente trainante per il raggiungimento di diversi obiettivi, come quelli riguardanti la crescita economica e l'occupazione femminile (Goal 5 e 8), l'istruzione di qualità (Goal 4), secondo un approccio sinergico e trasversale.
La prospettiva economica
L'analisi del tasso di crescita annuo del settore culturale europeo rispetto a quello complessivo per singolo Paese mostra un’opportunità rilevante per l'Italia: a fronte di un tasso generale stabilmente negativo nel periodo 2008-2014, il settore culturale è stato in grado di segnare risultati costantemente migliori. Negli anni critici 2008-2010, dopo una frenata legata ai tagli dei contributi al settore (-8,1% nel 2008), il comparto ha indicato tassi di crescita più incoraggianti rispetto al sistema, il quale ha presentato, invece, tassi generali sistematicamente negativi. Nel triennio 2011-2014, l’Italia è cresciuta meno (+0,6%) rispetto alla media UE28 (1,3%), ma il settore culturale ha contribuito a sostenere la posizione dell’Italia. Questo, infatti, è riuscito a crescere a dispetto degli andamenti economici globali, delle difficoltà interne e nonostante i risultati negativi generali. I dati, quindi, indicano come il contributo economico del settore culturale all'intero sistema economico si sia dimostrato positivo in modo costante e sistematico nell'ultimo quinquennio rilevato.
La prospettiva occupazionale
Secondo Eurostat, in Europa, nel 2014, 6,3 milioni di persone rientravano tra i lavoratori con un impiego definibile come culturale, con un aumento medio annuo dell’1,3%. Rispetto all'intera forza lavoro europea, gli occupati nei settori culturali rappresentavano il 2,9%. In Italia, il 2,7% degli over-15 che lavorano è impiegata in ambito culturale. In termini assoluti, il nostro Paese si pone al quarto posto (600 mila impiegati), dopo Francia (713 mila), UK (1m) e Germania (1,1m), e unico Paese tra questi ad aver segnato un aumento rispetto all'ultima rilevazione (+10 mila).
Un'analisi qualitativa dei dati permette di individuare alcune caratteristiche specifiche del mercato del lavoro del settore e del suo contributo alla posizione italiana rispetto agli SDG.
Una prima area di riflessione riguarda l’occupazione femminile (Goal 8.5). Il dato aggregato sui 28 Paesi di area UE indica una sostanziale corrispondenza nella percentuale di impiego femminile nel settore culturale (47%) e in generale (46%). Diverso è il risultato dell'Italia, che segna una delle percentuali di impiego femminile generale tra le più basse in Europa (42%), laddove nel settore culturale riesce ad assestarsi ad un più roseo 45%. Questo dato suggerisce una maggiore predisposizione del settore, rispetto agli altri ambiti, ad offrire possibilità di impiego alle lavoratrici in tutti i livelli gerarchici.
Un altro aspetto di contribuzione positiva del comparto culturale agli SDG è rappresentato dall’incidenza di lavoratori in possesso di un diploma universitario.
A livello europeo, nel settore culturale, la percentuale di lavoratori con livello di istruzione terziaria è del 60%, rispetto alla media di tutti gli impiegati (31%). È noto come, da questo punto di vista, il nostro paese sia in coda alla classifica europea, con una percentuale di forza lavoro con formazione terziaria che si ferma ad un preoccupante 20%. Nel settore culturale, questa percentuale riesce a raddoppiare (43%), pur mantenendosi a livelli significativamente più bassi rispetto a Paesi con un patrimonio culturale paragonabile, come Spagna (75%) o Francia (61%). I dati forniti, quindi, indicano come un intervento sul settore, mirato a recuperare il terreno rispetto a questo specifico aspetto, sia destinato a contribuire in modo distinto sulla posizione generale dell’Italia rispetto agli SDG.
Più preoccupante è il dato relativo all’anzianità media dei lavoratori nel settore ed alla capacità di assorbimento di nuova forza lavoro. In questo caso, purtroppo, il settore culturale italiano segna un risultato negativo rispetto a quello nazionale. Nella fascia 15-29 anni, infatti, la percentuale di giovani impiegati nel comparto culturale supera appena il 10% rispetto alla media nazionale (11,5%). L'analisi per fascia di età permette di individuare un trend distinto: a subire un decremento sono state le fasce 15-29, 30-39 e 40-49, mentre, a partire dalla fascia 50-59 fino a quella 65+, il numero di impiegati risulta progressivamente aumentato. Questa condizione suggerisce un invecchiamento medio della forza lavoro culturale: il mancato turnover generazionale ha determinato un calo degli occupati più giovani, che non hanno trovato spazio in un settore già saturo di occupati “senior” e con poche prospettive di mobilità. Pesa evidentemente su questo risultato la forte componente di impiego pubblico: da questo punto di vista, la recente riforma strutturale del MIBACT ed alcune iniziative poste in atto (come il bando per “500 per la Cultura”) sembrano andare nella direzione di creare maggiore ricambio e un innalzamento dei livelli di scolarità (Goal 8.6, Goal 4).
La prospettiva di consumo
I dati Eurostat permettono, inoltre, di avere una visione delle caratteristiche del consumo culturale nei Paesi europei.
Uno dei focus dell'ultima indagine riguarda le abitudini di lettura. Per l'Italia, è stato riscontrato un aumento di 7 punti (da 47% a 54%) dei cittadini che dichiarano di aver letto almeno un libro. Scomposto, questo dato indica un maggiore contributo femminile, con un aumento delle donne lettrici di 9 punti (da 54% a 63%) a fronte di quelli maschili di 5 punti (da 39% a 45%). Da un lato, questi dati suggeriscono una forte potenzialità del settore ad incrementare il proprio bacino di consumatori, mentre dall'altro, indicano come la consolidata prevalenza, in senso relativo, di donne tra i consumatori di libri, si stia rafforzando in modo progressivo: le donne lettrici, infatti, sono sempre più il gruppo prevalente all'interno di questo segmento di consumatori culturali.
A questo è importante aggiungere il dato relativo alla divisione per fasce di età: in Italia, in controtendenza rispetto alla media UE28, la fascia più giovane (25-34 anni) risulta più propensa alla lettura (59%) rispetto a quelle over35 (che cala fino al 49% della fascia 55-64 anni). Se si aggiunge a questa osservazione l’importanza del mercato under 25 per il settore del libro e la vitalità degli autori e degli editori italiani in questo segmento, appare evidente come una attenzione al pubblico più giovane di lettori permetta di incidere su diversi obiettivi di sviluppo. I dati suggeriscono di considerare i più giovani come gruppo di cittadinanza principale verso cui dirigere iniziative nella prospettiva di trasformarli, da qui al 2030, in adulti che possano far crescere le percentuali per le classi più mature, oggi ancora troppo basse (Goals 4.5 e 4.6).
Dati simili si possono riscontrare anche in altre forme di consumo culturale: informazioni sulle percentuali di italiani che hanno frequentato un cinema (67% degli under33 contro 32% dei 55-64) e che hanno assistito ad una performance live (51% rispetto al 38%), indicano come i consumi culturali tendano a calare all'aumentare della fascia di età. Viceversa, la visita a siti culturali è risultata essere un'attività inter-generazionale (45% degli under 33 contro 42% dei 55-64). I dati riportati per l'Italia confermano il trend generale presente negli altri Paesi europei: mentre le sale cinematografiche e gli eventi live dimostrano di attirare maggiormente il pubblico più giovane, i siti culturali indicano una relativa stabilità di accesso indipendentemente dalla fascia di età dei visitatori, con eccezioni quali Germania, Slovenia e Austria, in cui i senior fanno segnare una presenza maggiore rispetto ai cittadini più giovani.
Complessivamente, si nota un progressivo aumento dei consumatori per fascia di età, con quelle più giovani caratterizzate da percentuali in media UE, a cui si affianca un significativo aumento della partecipazione femminile nelle fasce più giovani.
Infine, l'incrocio tra i dati di consumo ed il livello di istruzione dei consumatori permette di rilevare un dato interessante: per ogni forma di consumo, la fascia di pubblico con un grado di educazione medio-alto supera sempre e in modo significativo la media generale del Paese. Da questo risulta che, a fronte di un livello di istruzione superiore, il consumo culturale degli italiani raggiunge, e in alcuni casi supera, quello medio degli altri Paesi europei. In questo senso, i dati suggeriscono come la componente femminile e quella giovane della società stiano crescendo non solo in termini relativi all'interno del gruppo dei consumatori culturali, ma anche in termini assoluti, contribuendo ad incrementare la percentuale di soggetti attivi nel settore. Questi dati devono essere intesi come il segnale di un trend da sostenere ed implementare alla luce dei Goals inseriti dall'ONU (come il 4.5 e il 4.6).
La pubblicazione Eurostat permette di fare una riflessione su come il comparto culturale possa contribuire agli SDG.
Dal punto di vista produttivo, e alla luce delle natura circolare degli SDG, i dati indicano un molteplice contributo del settore al miglioramento del posizionamento dell'Italia rispetto agli obiettivi dell'ONU:
- rispetto al Goal 4 relativo all'istruzione di qualità, i dati del settore culturale (maggiore presenza di impiegati con formazione superiore) indicano il contributo dello stesso alla valorizzazione dell'educazione come strumento funzionale all'acquisizione di competenze per l'occupazione. Azioni mirate da una parte a contribuire all'aggiornamento formativo del personale già occupato, e, dall'altra, a definire pratiche di selezione orientate all'ingresso di personale qualificato possono partecipare ulteriormente a sostenere il raggiungimento del Goal con il contributo del settore culturale;
- i Goal 5 e 8, che richiamano alla necessità di colmare il gender gap in ambito occupazionale, risultano sostenuti in modo particolarmente positivo dal settore culturale, dove la presenza femminile tra gli impiegati spicca positivamente rispetto a quella riscontrabile in altri ambiti produttivi. Un'analisi specifica dei ruoli e delle forme contrattuali (ed eventuale revisione e standardizzazione delle stesse, vedi Contratto Federculture) nelle organizzazioni del settore culturale permetterebbe una comprensione migliore della distribuzione femminile dal punto di vista gerarchico e del trattamento lavorativo (più o meno stabile e garantito);
- per quanto riguarda più specificatamente il Goal 8, relativo alla crescita economica sostenibile, la performance del settore culturale emersa dai dati Eurostat suggerisce una posizione di sostegno e di contributo alla stabilità economica del sistema generale del Paese, anche in momenti di congiunture globali critiche e nonostante il sostegno finanziario e politico limitato di molti partners pubblici. L'identificazione, a livello centrale (Mibact) di indicatori specifici e, soprattutto, puntuali, che definiscano il valore economico specifico ed la partecipazione del settore al sistema produttivo italiano contribuirebbe, allo stesso tempo, a valorizzare il ruolo primario, nel perseguimento del Goal 8, di settori caratterizzati da alto livello di sostenibilità.
Dal punto di vista del consumo, l'analisi dei dati Eurostat indica il settore culturale come centrale nel contribuire ad un miglioramento della posizione italiana rispetto ai Goals individuati dall'ONU. Se in alcuni casi, i dati segnano già un trend in linea con le indicazioni degli SDG (come quello sui consumi di donne e giovani per alcuni prodotti culturali), allo stesso tempo il confronto con altri Paesi europei sprona alla definizione di azioni dirette a rafforzare questi andamenti, soprattutto nei comparti più deboli, come quello dei beni culturali (musei, siti archeologici). Iniziative come quella della "Domenica al museo" promossa da Mibact per i siti statali si affiancano ad altre di livello locale (come l'Abbonamento Musei di Piemonte e Lombardia) contribuendo ad una aumento qualitativo e quantitativo del consumo culturale e, in questo senso, al perseguimento degli SDG. L'obiettivo, da qui al 2030, sarà quello di ampliare ed implementare queste iniziative per coinvolgere tutti i settori di consumo culturale e le fasce meno rappresentate (senior e uomini nella lettura, giovani nella fruizione di arti performative diverse dai concerti).
Il ruolo del settore culturale nel contribuire ad un migliore posizionamento dell'Italia rispetto ai 17 Goals, infine, deve essere inteso anche alla luce della finestra temporale a disposizione per il raggiungimento degli obiettivi stessi: una delle caratteristiche individuate dall'analisi dei dati è proprio il trend positivo segnalato dal settore negli ultimi cinque anni. In questo senso, una prospettiva di tempo da qui al 2030 lascia un margine significativo per lavorare su quelle fasce di pubblico – i più giovani – che potranno essere coinvolti in iniziative destinate al raggiungimento di diversi Goals nel tempo. Rafforzando la tendenza riportata per il periodo 2008-2014, quindi, il settore culturale dovrà contribuire, nei prossimi 14 anni, a far crescere una generazione di cittadini/e non solo con pari opportunità lavorative (Goal 5) ed educative (Goal 4), ma anche che, eventualmente, diventeranno lavoratori culturali in grado di contribuire efficacemente allo crescita economica sostenibile (Goal 8) del proprio Paese.
di Irene Popoli, Centro ABC – Stockholm School of Economics e Centro ASK – Università Bocconi
Articolo originale su: AsvIs - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Risorse Correlate
- Consulta la sezione Patrimonio culturale e turismo
Salva
Salva
Salva
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per inviare l'articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Clicca per condividere su Skype (Si apre in una nuova finestra)
Devi accedere per postare un commento.